Battezzato con il nome di Francesco, nacque a Sant’Agata di Puglia, il 4 giugno 1911, da Giovanni Battista e Maria Saveria Soldo. Frequentò con profitto le scuole elementari del paese. Fu avviato agli studi classici da mons. don Donato Pagano, parroco della chiesa di S. Michele Arcangelo e fondatore della “Casa del S. Cuore di Gesù” in Sant’Agata di Puglia. Ancora adolescente manifestò il desiderio di divenire frate francescano. Ma i genitori non erano d`accordo, perché il padre voleva che intraprendesse l’attività da lui svolta nel campo dell’edilizia. Francesco era deciso ed irremovibile nella sua scelta e, perché i genitori si convincessero, si allontanò di casa per tre giorni. Lo si cercò ovunque, in campagna, nelle case dei parenti e degli amici. Non si trovò e si temé il peggio. I genitori erano disperati, quando finalmente ricomparve. Nessuno seppe mai dove trascorse quei tre giorni. Lo seppe solo il suo maestro, don Donato Pagano: era rimasto solo, in una celletta del cadente monastero di S. Carlo nel suo paese, con poco pane per cibo e tanta letizia francescana. Di fronte a tale fermezza i genitori si arresero ed autorizzarono Francesco ad entrare in collegio nel 1927 per divenire frate francescano riformato. Il 1928 fu il suo primo anno di Noviziato; nel 1929 professò i voti temporanei e il 2 febbraio 1933 quelli solenni. Fu promosso allo studio di Filosofia nel settembre del 1931, a quello di Teologia nel 1934. Seguì il Corso missionario presso l’Istituto S. Antonio a Roma negli anni 1938-39. Ricevette gli Ordini Minori a Molfetta il 26 luglio 1936 da mons. M. Mimmi, arcivescovo di Bari, pure a Molfetta il Suddiaconato, l`11 maggio 1937, e il Diaconato, nel giugno dello stesso anno da mons. Achille Salvucci, vescovo di Molfetta. In questa città fu ordinato sacerdote dallo stesso vescovo il 24 luglio 1937 e celebrò la sua prima S. Messa nella chiesa matrice di S. Nicola di Sant’Agata di Puglia. Sua guida fu padre Anselmo Laganaro. “La rapidità con cui padre Giambattista arriva al sacerdozio dice della sua condotta monastica, del suo studio, del suo lavoro, del suo cuore, delle speranze in lui riposte dai benevoli Superiori”, scrive di lui mons. Pagano. Provvisorio a Lucera dal 1939 al 1940, la sua prima residenza fu a Toro, ove rimase un anno. Fu poi ad Ascoli Satriano dal 1941 al 1942, a Foggia dal 1942 al 1943; superiore a Bitonto dal 1943 al 1946; a Bitetto dal 1946 al 1949, a Bari dal 1949 al 1952, a Foggia dal 1952 al 1955. Rivestì la carica di Delegato provinciale per l`Orfanotrofio di Bari da lui effettivamente fondato nel 1957, dal 1955 al 1964; fu a Lucera dal 1964 al 1966, ad Andria dal 1966 al 1967, a Bitonto dal 1967 al 1973, a Foggia dall`ottobre del 1973. Morì il 30 maggio 1974, nel convento di Gesù e Maria in Foggia. Dice di lui Amedeo Gravina: “Si dedicò con tutto il peso della sua personalità impetuosa, travolgente e focosa alla realizzazione di un`impresa di solidarietà evangelica al servizio dei disoccupati e sottoccupati. La sua popolarità esplose nei duri e tristi anni dell`ultima guerra, quando, assieme a padre Agostino Castrillo e padre Egidio Costantino costituì la triplice alleanza dell`assistenza silenziosa ed eroica a favore di famiglie colpite dai bombardamenti o altre calamità. Egli faceva le sue irruzioni nelle masserie del Tavoliere o in paesini del Subappennino, dove contava molti amici e conoscenti, che imboscavano derrate o per il contrabbando o per il proprio bisogno...Molti dei suoi beneficati gli sono debitori della vita. Passata la guerra, il suo apostolato si specializzò nelle raccomandazioni. Era il grande terrore degli onorevoli e dei magistrati ... Diceva di ubbidire al comando di Cristo “pulsate et aperietur vobis, querite et invenietis”. Un`artrosi deformante lo scombinò in modo che poteva muoversi solo col bastone. Le città dove la sua memoria durerà più a lungo sono quelle di Foggia, Bari, Manfredonia, Andria, Bitonto, dove non è enfasi laudativa dire che pertransiit benefaciendo...”. “Caratteristica figura di francescano - mi diceva padre Doroteo Forte, suo condiscepolo - aveva nel sangue una spiccata tendenza all`azione. Più che alle idee - non era una mente speculativa - puntava ai fatti con intuitiva perspicacia e fiducia di cogliere nel segno. Di carattere risoluto e gioviale, intraprendente e generoso, sapeva accattivarsi la simpatia dei piccoli e dei grandi. Non chiedeva per sé, ma per la povera gente, per gli operai in cerca di lavoro. Fondò, nel 1957, l`Istituto Orfanelli di S. Antonio a Bari. Una forma nuova di apostolato nella provincia monastica di Puglia. Quando, per ragioni di salute, dovette abbandonare quel posto, lo fece senza rimpianto, perché aveva il senso del distacco e la generosità del francescano. Nella sua attività aveva i suoi limiti che egli stesso sapeva riconoscere con una punta di gioviale umorismo, ed aveva un cuore come una finestra spalancata». Memorabile il giorno solenne della sua prima S. Messa, che volle celebrare nella sua parrocchia, S. Nicola. “Ha raggiunto il suo ideale che tormentava la sua anima francescana ed i giovani anni trascorsi nel mistico silenzio del Convento...” scrive don Donato Pagano. Fu un giorno di festa per Sant’Agata. Egli giunse da Molfetta, accompagnato dal Guardiano padre Anselmo Laganaro, dal prof. Turillo e dal sign. Lovascio. Ad attenderlo era una folla straripante, il clero, le autorità che lo accompagnarono e seguirono la cerimonia con commozione e sentita partecipazione. Le strade che portano alla chiesa erano tutte addobbate di festoni verdi ed i muri tappezzati di striscioni che inneggiavano al frate ed al novello sacerdote, ed una pioggia fitta di biglietti multicolori scendeva da balconi e finestre per augurargli feconda missione sacerdotale. Padre Anselmo per questa solennità, con un alato discorso, lodò ed incoraggiò il novello sacerdote ad affrontare con amore e senso di sacrificio l`apostolato scelto, spiegò il significato e valore del sacerdozio: insegnare, benedire, predicare. “E’arrivata l`ora privilegiata che, dopo tanti sforzi e perseverante lavoro, ti conduce all`altare per celebrare la tua Prima Messa qui, nella chiesa del nostro diletto paese natio. O fratello diletto, dolce collega nel Sacerdozio, deh lascia che in quest`ora solenne, mentre la commozione fascia e stringe tutti i nostri cuori, lascia che io ti dica tutta l`ammirazione che l`anima mia sente per la tua missione sublime; permetti che questo pigro e sonnolente figlio del poverello d`Assisi, che ebbe la fortuna di accoglierti giovinetto nella casa del Padre Serafico ... lascia che possa esprimerti ... la santa invidia che sente per la tua anima di apostolo, per il tuo coraggio di eroe ... e ti auguro vasto il campo dell`apostolato e abbondante la messe del tuo lavoro...” (padre Anselmo Laganaro). Dora Donofrio Del Vecchio Da: D. Donofrio Del Vecchio, Profili santagatesi (in corso di elaborazione).